Quando un genitore dice ad un figlio: “sei cattivo!” oppure “non sei capace!” oppure “non capisci niente!” sta esprimendo una rabbia nei suoi confronti, probabilmente simile a quella che qualcun’ altro di significativo in passato ha espresso su di lui. Sicuramente non lo sta aiutando a sviluppare aspetti positivi della sua personalità, per quanto, forse, lo vorrebbe.
Una ricerca su questo tema ha dimostrato che “i figli che erano stati trattati dai genitori in maniera irriguardosa e svalutante, erano gli stessi ragazzi che sperimentavano le maggiori difficoltà nell’apprendimento scolastico e nelle amicizie. Questi ragazzi avevano i livelli più alti di ormoni collegati allo stress. Inoltre avevano maggiori problemi comportamentali, secondo quanto riferivano i loro insegnanti (…). L’atteggiamento di scherno da parte dei genitori può essere osservato sia nella vita reale sia nelle esperienze di laboratorio. In ogni istante, genitori bene intenzionati sgretolano la fiducia in se stessi dei propri ragazzi, correggendo continuamente il loro modo di fare, deridendo i loro sbagli e immischiandosi senza bisogno anche quando i figli cercano di eseguire i compiti più semplici” (J. Gottman, Intelligenza emotiva per un figlio: una guida per i genitori, BUR, 2015).
Per un genitore fare un lavoro di messa in discussione delle proprie modalità di comunicazione e di espressione nei confronti di un figlio diventa un compito di primaria importanza per non ritrasmettere di generazione in generazione gli stessi copioni.