Per mobbing si intende una serie di comportamenti posti in essere dal datore o da altri colleghi per un prolungato lasso di tempo nei confronti del dipendente finalizzati ad umiliarlo, bloccargli e/o ostacolargli la carriera, escluderlo progressivamente dal contesto aziendale e dagli altri colleghi.
Si precisa che per avere mobbing le condotte debbono protrarsi per almeno 6 mesi continuativi.
Esiste innanzitutto il cosiddetto mobbing gerarchico o verticale, esercitato da superiori verso i propri lavoratori sottoposti, che non si manifesta nei confronti dei soli dipendenti deboli, ma soprattutto a danno dei lavoratori con spiccata personalità, o troppo bravi, o con un’anzianità che è divenuta troppo costosa dal punto di vista della retribuzione., Questi ultimi possono essere relegati a ricoprire incarichi umilianti oggettivamente o in relazione alla propria professionalità, mentre possono essere sottratte mansioni gratificanti ai mobbizzati. Essi vengono spesso sottoposti a richiami pubblicamente o per iscritto, anche per piccolezze o per comportamenti consentiti ad altri o, se assenti, vengono abitualmente segnalati per ricevere il controllo del medico fiscale. Agli stessi vengono assegnati uffici e attrezzature di lavoro di scarsa qualità rispetto al contesto aziendale e al ruolo ricoperto, con ambienti distanti oppure piccoli e scarsamente illuminati, con telefoni, computer e stampante che si guastano spesso, sedie e scrivanie scomode e l’autorizzazione (più o meno esplicita) ad altro personale di far uso abituale della postazione del mobizzato o di spostare o far sparire oggetti personali o materiale di lavoro dal tavolo o dalla cassettiera della vittima, soprattutto in sua assenza.
Il mobbing orizzontale invece è messo in atto dai colleghi, in forme che possono comportare l’isolamento sociale, la mancanza di collaborazione che non permette di svolgere i propri compiti, o perfino attacchi alla salute fisica simili a quelli descritti nella tipologia gerarchica, nonché comportamenti in grado di minare l’equilibrio psicologico attraverso umiliazioni personali.
Il mobbing dal basso: sono i dipendenti sottoposti a porre in essere una serie di condotte che finiscono per svilire il ruolo del capo ed emarginarlo;
Il quick mobbing: in questo caso basta una sola azione vessatoria molto violenta ed intensa per destabilizzare il soggetto senza rispettare quindi il criterio temporale dei 6 mesi.
La vittima di mobbing può subire, in base alla diversa condotta mobbizzante, un danno patrimoniale e/o un danno non patrimoniale.
Il danno patrimoniale è costituito dai danni economici diretti che sono stati subiti a causa del mobbing. Si pensi al mutamento delle mansioni. Se un dipendente addetto alla cassa viene demansionato a operatore delle pulizie perde, ad esempio, l’indennità di cassa. Questo è un danno economico diretto, ossia una diretta diminuzione di entrate per il dipendente mobizzato.
Quando non è possibile quantificare in modo certo il danno, in quanto non patrimoniale, e quindi esistenziale, biologico o morale, il Giudice, se viene provato il mobbing, potrà procedere ad una liquidazione equitativa, vale a dire secondo giustizia, utilizzando come parametro di riferimento una quota della retribuzione per il periodo in cui si è protratta la condotta mobbizzante. Tale voce di danno ben potrebbe aggiungersi a quello patrimoniale ove esistente.
La prova del mobbing non è facile.
Prima di incaricare un avvocato per avviare una causa per mobbing, appare indispensabile valutare se vi sono le prove del tuo diritto. Devi cioè poter dimostrare:
- di essere stato vittima di comportamenti mobbizzanti da parte del datore: di essere stato ad esempio assegnato a mansioni inferiori o privato degli incarichi che hai sempre svolto, attraverso lettere e/o ordini di servizio;
- di essere stato ingiustificatamente rimproverato o umiliato davanti a colleghi e/o clienti;
- di essere stato isolato dai colleghi perché, ad esempio, assegnato ad un ufficio dove lavori da solo e dove nessuno ti passa informazioni, ecc.;
- che questa condotta mobbizzante ti ha danneggiato sul piano professionale e/o personale: ad esempio ti ha impedito di progredire nella carriera, ha impoverito il tuo bagaglio di conoscenze professionali impedendoti di aggiornarti; ha determinato uno stato di depressione, ansia, certificato o certificabile dal tuo medico in quanto stai seguendo terapie, prendendo farmaci o seguendo delle sedute dallo psicologo;
- di esserti recato presso un centro specializzato in medicina del lavoro istituito in uno dei principali ospedali della tua città, in alcuni vi sono proprio gli sportelli del mobbing ed essere dunque in possesso di una relazione medica che attesti che ti trovi in una condizione di stress, depressione o malessere derivanti dall’ambiente in cui lavori.
Fondamentale è provare che vi sia il nesso di causalità tra il danno e l’azione che si assume mobizzante.
Quanto invece ai fatti spesso gli stessi devono essere provati tramite testimoni, prova assai complicata in quanto dipendenti o colleghi dell’agente mobbizzante.
Prima di avviare la causa sarà dunque fondamentale capire se si hanno prove sufficienti, sia testimoniali che documentali, per consentire al Giudice di accertare che c’è stato davvero mobbing e che si è prodotto un certo danno.
Si precisa che la legge pone a carico del datore di lavoro l’obbligo di tutelare e preservare la salute e sicurezza del dipendente . Da questo obbligo discende la responsabilità del datore di lavoro in caso di mobbing anche se l’azione viene esercitata non direttamente da lui ma da altri dipendenti.
Proprio per questo la causa per il risarcimento del danno da mobbing viene fatta al datore di lavoro e non alle singole persone che hanno posto in essere i comportamenti vessatori.
Per intraprendere una causa di mobbing è necessario rivolgersi al Tribunale del lavoro competente per territorio.
Per una causa di lavoro i tempi non sono generalmente lunghissimi, dipende dal carico di lavoro dei giudici nei singoli tribunali, ma i gradi di giudizio sono tre.
Infatti la sentenza di primo grado, efficace in via provvisoria, può essere impugnata dalla parte soccombente dinnanzi alla Corte d’Appello, e la pronuncia potrà poi essere poi oggetto di impugnativa dinnanzi alla Corte di Cassazione.
Studio Legale Bolognini
Avv. Claudia Bolognini
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